Monumento dei Partigiani al Monte Colletto
A quarant’anni dalla battaglia di Fonteno, i luoghi erano diventati testimoni silenti di una storia che nessuno più rievocava. Tre uomini legati alla realtà del territorio e alla storia della Resistenza – Simone Trovesi, Vincenzo Beni, Giannino Bresciani – condividevano il desiderio di far sorgere un monumento che potesse custodire e sollecitare il ricordo. È così che Vincenzo Beni contatta Giuseppe Brighenti “Brach”, allora presidente del Comitato antifascista e vicepresidente dell’Anpi. Il progetto diventa una sfida: se la decisione di costruire il monumento è presa nel maggio 1984, la volontà è di inaugurarlo il 31 agosto dello stesso anno, quarantesimo anniversario della battaglia.
Al Circolo famigliari di Castelli Calepio una prima riunione nomina coordinatore del progetto Vincenzo Beni, che conosce i luoghi e da sindacalista della Federterra ha sostenuto fin dal dopoguerra i contadini delle Valli Calepio e Cavallina. La volontà ferma e tenace di costruire un segno a ricordo della Resistenza risveglia la consapevolezza del territorio: sono molti ad accogliere e sostenere il progetto.
In un primo momento si prevede di far sorgere il monumento sul Monte Torrezzo, ma le difficoltà per acquisire il terreno fanno scegliere il Colletto e qui Gino Valtulini, proprietario del fondo, cede lo spazio necessario. Inizia allora un duro lavoro di scavo per sbancare una piccola altura e fare posto al monumento. Il progetto del monumento è dello stesso Beni ed elementi imprescindibili dovranno essere un semplice muro di pietre da recuperare nella cava di San Fermo, la stella delle formazioni garibaldine e due stelle dove incidere il ricordo della battaglia e di chi perse la vita sui colli nei mesi della Resistenza. L’incarico di formulare l’iscrizione per le lapidi è affidato a “Brach”, che stenderà il testo insieme ad alcuni compagni nel suo studio di Redona.
Mentre si avvia la raccolta fondi a cui aderiscono molti comuni della zona (tra gli alti Adrara San Martino, Grone, Castelli Calepio, Chiuduno donano un milione di lire e Trescore Balneario due milioni), i lavori procedono spediti grazie alla manodopera volontaria e al sostegno ai contadini della zona.
Tanti i nomi che bisognerebbe non dimenticare; segnaliamo almeno Tilde Galizzi che affiancò sempre il marito Vincenzo nell’organizzazione, Raffaele Vavassori che con il suo scalpello modellò le pietre, i Fenaroli di Predore e Roberto Maffi di Gandosso che in due settimane assicurarono l’asfaltatura della strada per il giorno dell’inaugurazione, Giovanni Berta che donò la stella da incastonare nella pietra e il fiorista Lubrina di Quintano che provvederà in un secondo tempo ad arricchire il monumento con alberi.
Il lavoro è terminato nei tempi previsti e nello slancio dell’impresa il monumento diventa un’opera capace di aggregare forze e far rivivere il ricordo della Resistenza: un’opera, commenterà l’architetto Luciano Galmozzi, “che nel suo primitivismo esterna una sua grandiosità, richiamando con forza ricordi e un solenne monito”. L’inaugurazione avviene il 2 settembre 1984 alla presenza di molti ex partigiani, delle autorità civili e religiose e di molti cittadini. Il discorso ufficiale è tenuto da Tino Casali, vicepresidente dell’Anpi nazionale. Per continuare la raccolta dei fondi necessari a coprire le spese e per non lasciar sopire l’adesione emotiva al ricordo della Resistenza che i lavori per il monumento avevano suscitato, la sezione Anpi valle Calepio- Valle Cavallina, costituitasi in quella circostanza, prende l’abitudine di organizzare incontri conviviali e Vincenzo Beni ricorda con soddisfazione come nel 1991 si raccolsero più di 20 milioni di lire. Per anni il luogo di ritrovo è stato il Casino del Monte poi si decise per l’acquisizione di una casa che, con il nome “Casa La Resistenza”, venne inaugurata nel 1996.
Questo luogo, che ha visto i partigiani della nostra provincia ritrovarsi e accogliere compagni da altre regioni e nuove generazioni di antifascisti, intende oggi essere erede della loro volontà di stare insieme e insieme non dimenticare il passato per essere capaci di immaginare il futuro.