Nella riunione del Comitato Regionale del 14 gennaio u.s. sono stati focalizzati i temi da porre al centro del dibattito: situazione economico-sociale; evoluzione della situazione politica; identità dell’ANPI; modifiche alla Costituzione, in discussione; l’Europa che vogliamo; i nuovi fascismi alimentati dalla crisi; problemi politico-organizzativi dell’Associazione in Lombardia anche con riferimento all’adesione alle Campagne Nazionali.
– Per quanto riguarda i temi sopra richiamati, si fa riferimento allo Statuto, al Regolamento Nazionale, al Documento conclusivo dell’ultimo Congresso Nazionale, ai documenti del Comitato Nazionale, alle Relazioni del Presidente Nazionale ed alle sue notazioni pubblicate su “ANPI News” oltre che su “PATRIA indipendente”.
– Con il presente Documento Regionale si intende facilitare la discussione e il confronto, con alcune sottolineature e con gli interrogativi da porre all’attenzione dei partecipanti per conoscere e socializzare lo stato di salute della nostra Associazione in Lombardia, le iniziative intraprese e/o in programma per corrispondere sempre meglio all’assolvimento dei nostri compiti e per garantire la continuità dell’Associazione con la crescita delle adesioni e il coinvolgimento di coloro che non hanno partecipato direttamente alla Resistenza ma ne condividono i valori e gli obbiettivi ispiratori.
– La proposta è che tutte le Assemblee di Sezione si concludano con un verbale contenente la sintesi delle riflessioni dei partecipanti e le loro risposte alle domande poste in calce a ciascuno dei Punti in cui si articola il Documento Regionale. Analogamente tutte le Conferenze Provinciali dovrebbero concludersi con un documento che tenga conto delle posizioni espresse nelle Assemblee di Sezione e con l’elenco delle risposte date agli interrogativi posti, in modo da consentire al Regionale di presentare una Relazione centrata sulla realtà dell’Associazione in Lombarda, sulle buone pratiche in atto e sui problemi esistenti.
IL “DOCUMENTO SINTETICO”
Sommario: 1. Situazione economica-sociale; 2. Evoluzione della situazione Politica; 3. Identità dell’ANPI; 4. Modifiche alla Costituzione, in discussione; 5. L’Europa che vogliamo; 6. I nuovi fascismi alimentati dalla crisi; 7. Problemi politico-organizzativi, anche con riferimento all’adesione alle Campagne Nazionali.
1. L’ondata di disperazione sociale, di rabbia, di risentimento che scuote oggi il nostro Paese e più in generale l’Europa “corrode come veleno le scale dei valori” e ricorda il clima degli anni ’20-’30 che portò “democraticamente” al potere il fascismo e il nazismo. Le disuguaglianze non sono una novità nella storia dell’umanità, ma quando superano il livello di guardia, provocano e alimentano la crescita a dismisura delle povertà, della miseria, della ribellione e delle rivolte. La società viene corrosa con effetti devastanti sulla convivenza civile fino a minare alla base la credibilità del sistema democratico e la fiducia nella Politica e nei Partiti come strumenti di mediazione e di governo. Negli ultimi 40 anni e in particolare negli ultimi 20, c’è stata una distribuzione assolutamente iniqua e fallimentare della ricchezza con il drammatico spostamento di reddito verso i più ricchi. Grazie alla crisi, anche in Italia, i più ricchi sono diventati ancora più ricchi e i più poveri ancora più poveri. Secondo l’Eurostat più di 18 milioni di persone (il 25% della popolazione italiana) sono a rischio di finire in miseria; il tasso di disoccupazione ha superato il 12%; quello giovanile è oltre il 40%; il nuovo operaio-massa è quello degli addetti ai servizi alle famiglie (colf e badanti) e ai call center, dell’esercito dei precari, degli immigrati: che tutti insieme rappresentano il 23% dell’occupazione complessiva contro una media europea del 14%; il ceto medio è stato decimato.
Di recente si sono manifestati segni di ripresa nell’economia europea e anche in quella italiana, che dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) rafforzarsi in quest’anno e nel prossimo sempre che si riesca a bloccare la “deflazione” incipiente, senza però la previsione di risultati significativi in termini occupazionali. Ormai abbiamo perso l’8° posto nella graduatoria dei paesi più industrializzati e la prospettiva è la discesa al 50° posto a metà secolo.
Alla base di questo “disastro” non ci sono né la burocrazia europea di Bruxelles, né “il destino cinico e baro”, ma:
– il trionfo del neo-liberismo senza etica né regole, che ha portato alla subordinazione della politica ai poteri economici e finanziari ed alla sostituzione della produzione e del lavoro con la finanza (nel 2003 per ogni dollaro di prodotto globale ve n’erano 9 di finanza, oggi ve ne sono più di 14);
– l’esaurirsi delle funzioni dei classici Stati-nazione e della loro sovranità assoluta, a causa della globalizzazione e della loro resistenza a prenderne atto;
– la fine del lungo boom che ha accompagnato i precedenti due secoli e mezzo di rivoluzione industriale e l’ingresso dell’occidente nell’era della “crescita zero”, a seguito del risveglio e dello sviluppo dei Paesi più importanti tra quelli “emergenti”;
– la mancata “rigenerazione” dei partiti con il conseguente deficit di strategia per far fronte ai cambiamenti epocali che si sono verificati e con la perdita della distinzione “storica” tra Destra e Sinistra. “Quando manca lo scopo, manca la risposta al perché e tutti i valori si svalutano”. La politica è diventata per molti mera gestione del potere inteso come fine e non come mezzo per il perseguimento del bene comune;
– la decisione fallimentare delle classi dirigenti dei paesi europei di aver puntare tutto, e di continuare a farlo ancora oggi, a differenza degli USA, sull’austerità, cioè sulla sola riduzione dei deficit e dei debiti pubblici per superare la crisi, preservando inoltre gli egoismi e le divisioni nazionali invece di portare a termine la costruzione degli Stati Uniti d’Europa.
Sul come uscire dall’empasse di questa crisi sistemica, sono in campo sostanzialmente tre opzioni: abbandonare le politiche di austerità e ridare slancio alla domanda di beni e servizi attraverso l’espansione della spesa pubblica; incidere sulla struttura dei sistemi economici senza aumentare la spesa pubblica; uscire dall’euro e dall’Unione e ritornare alla “nazione”: prospettiva quest’ultima energicamente rifiutata dall’ANPI.
L’ANPI, che non è un Partito e non vuole rubare il mestiere ai Partiti, ritiene che si debba riflettere su queste questioni e sulle varie opzioni sostenute dagli economisti per mettere in campo una batteria di interventi sia sulla struttura dell’economia (investimenti nazionali ed europei per il rilancio delle produzioni finalizzate ad uno sviluppo eco-sostenibile invece che alla rincorsa del consumismo); sia sul mercato del lavoro (riducendo la selva delle regole di accesso, garantendo per legge la Rappresentanza dei lavoratori e la loro partecipazione agli utili delle imprese (artt.39,40,42 della Costituzione), eliminando la discriminazione tra i lavoratori a tempo indeterminato e i precari, sostenendo con la formazione e con sussidi adeguati ad essa collegati l’accesso al mercato attivo del lavoro e la perdita del posto di lavoro che deve essere temporanea, mantenendo la Cig per le crisi aziendali; sia sulla domanda (rivedendo la legge di stabilità che oggi impedisce alle Autonomie Locali virtuose di poter investire in opere pubbliche socialmente utili, ridiscutendo a livello Europeo il tetto del 3% e abbassando le tasse su salari/stipendi e pensioni con l’utilizzo dei maggiori proventi provenienti dalla lotta all’evasione, dal taglio delle pensioni “abnormi”, da una tassazione dei patrimoni e delle attività finanziarie in linea con il resto d’Europa, con i tagli alla spesa pubblica improduttiva, con una seria riforma della Pubblica Amministrazione finalizzata ad una sua maggiore e migliore efficienza invece che alla riduzione dei costi e con lo snellimento della “burocrazia” ai vari livelli, nonché ad una politica industriale che spinga i settori del futuro: formazione, energia, innovazione, cultura, tecnologie d’avanguardia, artigianato d’eccellenza.
Si chiede agli iscritti di rispondere alle seguenti domande e di riportare la sintesi delle risposte nel verbale dell’Assemblea di Sezione:
1. Qual è la situazione nel territorio di Vostra competenza: (numero disoccupati, livelli di povertà)?
2. Quali Iniziative di solidarietà e di contrasto alla povertà sono state messe in campo dalle Istituzioni Pubbliche locali e/o da Associazioni di Volontariato?
3. Vi sono cenni di ripresa produttiva nel Vostro territorio? in che settori?
2. Al Consiglio Nazionale ANPI del 19-20 ottobre 2013 abbiamo affermato che “questo non è il Governo che volevamo”. Fermo restando questo giudizio, dobbiamo prendere atto che nel frattempo sono intervenuti alcuni fatti nuovi che potrebbero (anche qui il condizionale è d’obbligo) favorire l’evoluzione della situazione politica italiana verso il recupero di quella distinzione Destra/Sinistra sul modello europeo, da noi auspicata, per garantire l’alternanza di governo e per colmare il fossato che oggi divide i cittadini dalla Politica e dai Partiti. Ci riferiamo alla dialettica che si è aperta nel centro-destra con l’articolazione del partito di Berlusconi, e nel centro-sinistra con i cambiamenti intervenuti al vertice del Pd a seguito dei risultati delle primarie dell’8 dicembre 2013. Ci riferiamo allo stop (non sappiamo ancora se definitivo o temporaneo) al “processo costituente” contenente la manomissione dell’art. 138 illustrato dal Presidente Letta nel suo discorso di insediamento, per il quale anche l’ANPI, da sola e anche con altri quando è stato possibile, si è battuta con coerenza e tenacia. Ci riferiamo al pressing, sostanziato da proposte concrete, che la nuova Direzione del Pd sta esercitando sul Governo e sul Parlamento perché al più presto si decida che fare, chi deve farlo e quando in materia di riforma della Legge elettorale e di eliminazione degli sprechi della politica. Ci riferiamo alla decisione, per noi importantissima, del nuovo Segretario del Pd di aver messo in agenda i temi centrali del Lavoro, della Istruzione (Scuola) e dei Diritti civili (unioni di fatto, revisione della Legge Bossi-Fini sull’immigrazione e jus soli per il diritto di cittadinanza ai figli degli immigrati, e della Unione politica d’ell’Europa). Si sono dunque aperte nuove prospettive, che devono però fare i conti con un Berlusconi che è tuttora in campo così come l’ideologia populista del berlusconismo, e con le resistenze al cambiamento che caratterizzano la vita interna del Pd (come già accaduto con l’esperienza dei 101che approfittando del voto segreto impedirono l’elezione di Prodi a Presidente della Repubblica). Naturalmente il giudizio sulle diverse proposte in campo, per uscire dalla crisi, potrà essere espresso quando ne verrà precisata la concreta articolazione.
Sulla riforma elettorale, fermo restando che va fatta con la più ampia partecipazione possibile, e quindi e in se una legge di mediazione, sono state sollevate da più parti critiche motivate: l’alta soglia d’ingresso; la bassa percentuale per il premio di maggioranza; la mancanza di scelta da parte dell’elettore rispetto ai canditati; l’entità eccessiva del premio di maggioranza; l’eliminazione dal Parlamento dei piccoli partiti, fatta eccezione per la Lega Nord.
Chi la difende argomenta che per anni si è chiacchierato senza far nulla (colpa o dolo?); che non può essere, come detto, che una legge di compromesso poiché tendente al più ampio consenso possibile; che è meglio di quella residuale del “porcellum” perché evita le “larghe intese” e il potere di ricatto dei “cespugli”; che sono meglio i collegi piccoli con pochi candidati delle preferenze sconfessate peraltro da un “referendum”; che contiene la possibilità del ballottaggio da sempre chiesta dalla sinistra; che la proposta di riforma della legge elettorale in discussione è collegata al superamento del bicameralismo perfetto e del capitolo V con riferimento ai rapporti Regioni/Stato, allo scopo di assicurare una maggiore efficienza delle istituzioni.
Il giudizio andrà comunque espresso sull’esito finale del passaggio parlamentare.
Domanda: sarebbe utile conoscere l’opinione degli iscritti ANPI su tema, possibilmente personale e non derivata dall’eventuale partito di appartenenza.
3. Molti si chiedono e ci chiedono “a cosa serve l’ANPI “ oggi a 70 anni dalla Liberazione. La risposta è che la presenza attiva dell’ANPI è più che mai necessaria: per difendere e sostanziare la democrazia nata dalla Resistenza e dalla lotta di Liberazione battendosi per la piena attuazione della Costituzione Repubblicana figlia di quell’importante evento storico; per contrastare i tentativi ricorrenti di “defascistizzazione del fascismo” con l’improponibile equiparazione tra i Partigiani e i combattenti della Repubblica di Salò, smuovendo l’indifferenza della “maggioranza silenziosa” degli a-fascisti. Com’è noto la vecchia classe dirigente fascista è passata dalla dittatura alla democrazia, senza pagare pegno. Passata la festa per la fine del fascismo, scomparsi i Padri Costituenti e i grandi Leaders del dopoguerra, le nuove classi dirigenti dei vecchi e dei nuovi partiti, salvo poche eccezioni, hanno smarrito la memoria della Resistenza e non hanno operato perchè “l’oblio” si trasformasse in un’occasione per far prevalere nella coscienza della maggioranza del popolo italiano la condivisione dei valori fondanti della Costituzione Repubblicana e l’idea di appartenere alla stessa Patria.
“Purtroppo questo paese –come ha argomentato il vecchio Partigiano Claudio Pavone- fin dal Risorgimento non è mai riuscito ad avere nel suo corpo sociale una maggioranza compatta di carattere democratico……, e non ha mai fatto i conti con la sua storia”.
L’identità dell’ANPI e la sua missione sono chiaramente espresse nella parte finale del Documento conclusivo del XV° Congresso nazionale: “l’ANPI, custode della vicenda storica attraverso la quale l’Italia è riuscita a passare dal totalitarismo alla democrazia, è in campo –come coscienza critica del Paese- per ridare ai cittadini fiducia e speranza, per la difesa e la piena attuazione della Costituzione, contro la corruzione diffusa, per il diritto a un lavoro dignitoso, contro il razzismo e la xenofobia, per la salvaguardia dell’Unità d’Italia, per una scuola non più fabbrica di precariato…… L’ANPI non è un Partito. La sua autonomia da ogni Partito e/o Associazione, è condizione irrinunciabile dell’unità dell’Anpi che è e vuole rimanere un’Associazione culturalmente e politicamente pluralista. L’ANPI ripudia la violenza in qualsiasi forma si esprima. L’antifascismo, la Resistenza e la Costituzione sono patrimonio di tutti gli Italiani. L’ANPI è la casa di tutti gli antifascisti che credono nei valori della Costituzione…….., coscienza critica della società. L’ANPI rispetta, valorizza e collabora con le Istituzioni della Repubblica a tutti i livelli, al di la di chi le rappresenta”.
L’ANPI deve svolgere la sua missione, senza snaturarsi, senza perdere mai la sua identità e la sua autonomia. Per farlo deve:
– diventare la casa di tutti i democratici e di tutti gli antifascisti, al di là della loro militanza partitica o sindacale. “La Resistenza non è stata solo delle Sinistre, ma è stata un fenomeno complesso che ha visto convergere ideologie molto diverse. Questa è stata la soluzione vincente allora e questa è la soluzione vincente oggi” (Carlo Smuraglia);
– recuperare lo spirito unitario e il respiro europeo della Resistenza e della lotta di Liberazione, partendo e valorizzando “Il Manifesto di Ventotene”;
– rapportarsi con le Istituzioni locali, al di là del loro colore politico;
– stringere alleanze con le altre Associazioni che operano con finalità analoghe (Movimento Federalista Europeo, Associazioni per l’accoglienza agli immigrati, Associazioni per il contrasto alle mafie, etc.);
– avere ben chiaro che per “nuova stagione dell’ANPI” non s’intende semplicemente il “passaggio del testimone” ai più giovani che la Resistenza non l’hanno fatta né vissuta, quanto piuttosto la condivisione di un tratto di strada insieme ai Partigiani superstiti ed alle generazioni di mezzo che oggi dirigono l’Associazione; – essere consapevoli che il cambiamento della fisionomia “generazionale” dell’Associazione non può e non deve identificarsi con lo stravolgimento della sua identità attraverso la teorizzazione e l’uso della “violenza” in nome di una “nuova Resistenza”. La storia non si ripete. La Resistenza è quella combattuta dai Partigiani nella lotta di Liberazione;
– non farsi trascinare in tutte le iniziative che scaturiscono dalla società civile. La nostra adesione e/o partecipazione deve essere motivata sempre dalla condivisione degli obbiettivi e dei metodi di azione e dal rifiuto della violenza e/o dalla discriminazione politica.
Riportare nel Verbale le opinioni degli iscritti e le iniziative in campo e/o in programma relative alle indicazioni contenute nell’ultima parte di questo punto.
4. Per quanto riguarda le “Modifiche alla Costituzione”, l’ANPI richiama l’attenzione di tutte le forze politiche democratiche e del Parlamento sul rischio che ancora una volta “si parli d’altro”, partendo da presupposti sbagliati: per le riforme costituzionali non dalla necessità di maggiore efficienza ma da quella della realizzazione di risparmi economici; per la riforma della politica e dei partiti, non dal rilancio della questione morale e dei grandi valori costituzionali inattuati (artt. 54, 97, 49), ma da alchimie gestionali; per il cambiamento del Paese non dall’art. 1 della Costituzione (L’Italia è una Repubblica fondata sul Lavoro), non dal recupero dell’etica pubblica e del senso civico, non dalla necessità di una drastica riduzione delle disuguaglianze che alimentano la crescita della povertà, della miseria, del razzismo e delle manifestazioni neo-fasciste oltre che essere anti-economiche, non dal riconoscimento dei diritti per tutti, ma da misure di autoconservazione dell’esistente che in quanto tali non porteranno al superamento della sfiducia crescente che caratterizza il rapporto tra i cittadini e la politica.
Più specificamente la posizione dell’ANPI sulle riforme costituzionali in discussione è contenuta nel Documento del Comitato Nazionale del 29 gennaio 2014.
Chiedere agli iscritti cosa pensano delle proposte in campo di modifica alla Costituzione e della posizione assunta dall’ANPI: riportare i pareri nel Verbale.
5. L’Europa che vogliamo è quella delineata nel Manifesto di Ventotene: un’Europa politica e democratica, antifascista e socialmente coesa, e non solo un’unione economica e monetaria. La costruzione degli Stati Uniti d’Europa è partita dal tetto (mercato unico, libera circolazione delle merci e delle persone, moneta unica, fiscal compact), invece che dalle fondamenta, cioè dall’Unione politica (difesa, fisco, bilancio, stato sociale, politica estera comuni grazie all’esistenza di uno Stato Sovrano espressione del voto dei popoli europei). Non pensiamo all’annullamento delle specificità nazionali e/o territoriali. Pensiamo alla realizzazione di uno Stato Europeo Federale sull’esempio degli Stati Uniti d’America. L’euro è debole perché manca lo Stato sovrano, che può realizzarsi solo con una progressiva cessione di sovranità da parte degli Stati-nazione membri dell’Unione, sovranità che per quanto riguarda le decisioni più rilevanti di ordine economico e politico è già stata esautorata e che verrebbe recuperata solo con il raggiungimento della dimensione politica dell’Europa. Ma questa svolta non potrà vedere la luce senza avviare quella europeizzazione necessaria e che tutt’ora manca, del pensiero e delle strategie degli attori politici e sociali che operano nei diversi Stati-nazione. Vi è dunque la necessità di rendere operativa la “codecisione” tra i due Organi legislativi che oggi governano l’Unione: il Consiglio dei Ministri che rappresenta i singoli Stati-nazione e il Parlamento europeo espressione della sovranità popolare. Cominciamo da qui per dare un nuovo impulso al progetto Europeo, smuovere la stagnazione e aprire la prospettiva dell’approdo politico. Il prossimo semestre di Presidenza italiana dell’Unione dovrebbe tentare di far uscire l’Europa dalla “fissa” dell’austerità e avviare il processo costituente degli Stati Uniti d’Europa.
Per questo le prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo sono molto importanti e come ANPI dobbiamo essere in prima linea per battere gli scettici e le destre che vogliono sfasciare quello che è stato costruito finora per ritornare alle vecchie monete e risuscitare gli Stati nazionali moribondi che per secoli si sono fatti e hanno fatto la guerra, e far prevalere le ragioni della utilità e della necessità dell’Unione Politica dell’Europa. A tal fine saranno certamente utili i materiali del Convegno Regionale che abbiamo organizzato nell’ottobre dello scorso anno.
Riportare nel Verbale le opinioni degli intervenuti al riguardo ed elencare le iniziative in programma in vista delle elezioni europee, con particolare riferimento alla nostra azione verso l’esterno.
6. L’esplosione dei “nuovi fascismi” è un dato di fatto preoccupante della situazione politica italiana ed europea, così come l’udienza che queste formazioni trovano in alcuni settori della Destra (da Berlusconi, a Storace, ai Fratelli d’Italia). A noi come ANPI manca la conoscenza delle ragioni, delle motivazioni che spingono tanti giovani ad unirsi a queste formazioni pseudo politiche, oltre che del dimensionamento e del radicamento di questi fenomeni sul territorio. Ciò rende difficile l’azione di contrasto da esercitare. Per questo è necessario recuperare la dovuta attenzione, studiare di più e meglio il fenomeno per mettere in campo tutte quelle iniziative utili ad arginare lo sviluppo dei “nuovi fascismi” ed a “vanificarne” le iniziative.
La domanda da porre nelle Assemblee di Sezione e nelle Conferenze Provinciali è a che punto siamo nella conoscenza e nel contrasto di questi fenomeni.
7. I problemi politico-organizzativi che abbiamo, possono così essere riassunti:
– Il rispetto delle Regole. “Ogni Associazione che si rispetti deve avere delle regole scritte e non scritte. Quelle scritte derivano dallo Statuto e dal Regolamento e vanno rispettate. Quelle non scritte derivano dalla nostra tradizione e sono connaturate alla nostra identità e sono ugualmente imperative……, quindi chi aderisce all’Anpi deve sapere che non può fare ciò che vuole” (Carlo Smuraglia), fermo restando il valore dell’autonomia dei singoli punti ANPI nel quadro dello statuto, del regolamento e dei documenti nazionali.
– Il divario notevole tra adesione e militanza. Accade che spesso quelli che lavorano sono sempre gli stessi. Perché il volontariato si esprime in altre direzioni e non nella nostra Associazione? Probabilmente perché alle iniziative di reclutamento dei nuovi iscritti non si accompagnano la sollecitazione, l’informazione, i necessari momenti formativi e iniziative esterne capaci per finalità e contenuti di coinvolgere gli associati.
– Quante firme abbiamo raccolto sugli armadi della vergogna nelle singole Sezioni? (la Germania, su nostra sollecitazione, ha finalmente accettato di finanziare “con altri” la prosecuzione della ricerca).
– Il Rapporto con le scuole di ogni ordine e grado: iniziative e Istituti coinvolti.
– L’anagrafe degli iscritti: a che punto siamo nelle diverse Provincie?
– Campagna di abbonamenti a PATRIA. Quante adesioni abbiamo raccolto finora nelle Sezioni e a livello Provinciale.
– Il 5×1000: a livello nazionale siamo passati dalle 210 firme del 2007 alle oltre 10.000 firme del 2010. Come siamo messi in Lombardia?
– Giovani (sotto i 30 anni): quanti iscritti abbiamo nelle singole Sezioni e quanti soci giovani sono presenti negli Organismi Dirigenti delle Sezioni e del Provinciale? Quali politiche specifiche adottate e con quali esiti?
– Quante sono le donne iscritte e quante sono presenti negli Organismi dirigenti?
– Le riunioni degli organismi dirigenti si concludono con un verbale contenente le cose da fare e i nominativi di coloro che dovranno renderne conto nella riunione successiva?
– Si è provveduto a nominare i “Garanti” come previsto dal Regolamento Nazionale?
– Gli Organismi dirigenti previsti dallo Statuto (Presidente, Due Vice Presidenti di cui uno Vicario, Segretario, Segreteria, Responsabile Amministrativo, Responsabile per il tesseramento e l’anagrafe): sono stati nominati dai Comitati Direttivi?
– Quali e quante iniziative formative sono state messe in campo e/o sono in programma?
– 70° della Resistenza e della Guerra di Liberazione: cosa si è fatto e cosa si sta facendo?
Quante iniziative pubbliche, oltre alle Commemorazioni, vengono organizzate nel corso dell’anno e su quali temi?
– Assemblee di Sezioni: quante nel corso dell’anno?
– Riunioni degli Organismi: quante a livello di Sezione e quante a livello Prov. Nel corso dell’anno?
– Cosa pensate del Coordinamento Regionale: rilievi, proposte, considerazioni.
– Le Conferenze di Organizzazione dovrebbero svolgersi ogni anno. E’ così? Diversamente perché?
– Cosa ne pensate del Coordinamento Regionale?
DOCUMENTO SINTETICO” DEL COORDINAMENTO REGIONALE DELLA LOMBARDIA, PER LA CONVOCAZIONE E LO SVOLGIMENTO DELLE CONFERENZE DI ORGANIZZAZIONE: DI SEZIONE
ANPI Val Calepio - Val Cavallina
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